SERVE SEMPRE LICENZIARE?
SERVE SEMPRE LICENZIARE?
Ho parlato in qualche rubrica fa di come il licenziare abbia bisogno di dovute maniere e di una formazione appropriata.
Rimanendo dell’idea che il licenziamento debba essere l’extrema ratio di un processo, proprio HBR (Harvard Business Review) del mese di maggio ci offre un assist in tal senso. Analizza cioè altri approcci per gestire le fasi di transizione della forza lavoro laddove l’automazione e l’intensa competizione mettono alle strette molte aziende che si vedono costrette a licenziare per ottenere un vantaggio non duraturo: infatti, oltre ad scemare l’effetto nel giro di breve, aumenta a dismisura la demotivazione delle persone con serie ripercussioni sul profitto.
Le nuove strategia adottate, invece, ricorrono alle riduzioni di personale in modo moderato e attivano di pari passo dei percorsi- chiamati Bridge- ai quali i dipendenti possono fare appello. È il caso, ad esempio della Nokia, che ha previsto 5 item opzionali:
- trovare un altro lavoro all’interno dell’azienda, lasciando che la selezione delle persone avvenga da un comitato ad hoc e non dai manager locali;
- trovare un altro lavoro al di fuori dell’azienda, offrendo un servizio di outplacement mirato;
- avviare nuove attività, con un contributo economico ad personam oltre che al supporto gratuito in termini di business coaching, mentoring e formazione volto a favorire le proposte di business;
- riqualificarsi attraverso l’accesso a corsi di formazione anche di tipo professionale con il contributo dell’azienda;
- creare un nuovo percorso personale con l’aiuto finanziario dell’azienda per raggiungere obiettivi personali non direttamente collegati alla professione.
Questa modalità ha permesso di vivere lo stacco dall’azienda in modo più “soft”; infatti il processo è stato percepito come più equo e orientato alla Persona, mantenendo quindi il livello di fiducia verso l’azienda e, con sorpresa, incrementando il profitto. Questa volta in modo duraturo.
Certamente le realtà come Nokia non sono all’ordine del giorno, ma anche nel nostro piccolo possiamo certamente guardare e applicare, magari solo in parte, questa esperienza.
Angela Caronti
Ho parlato in qualche rubrica fa di come il licenziare abbia bisogno di dovute maniere e di una formazione appropriata.
Rimanendo dell’idea che il licenziamento debba essere l’extrema ratio di un processo, proprio HBR (Harvard Business Review) del mese di maggio ci offre un assist in tal senso. Analizza cioè altri approcci per gestire le fasi di transizione della forza lavoro laddove l’automazione e l’intensa competizione mettono alle strette molte aziende che si vedono costrette a licenziare per ottenere un vantaggio non duraturo: infatti, oltre ad scemare l’effetto nel giro di breve, aumenta a dismisura la demotivazione delle persone con serie ripercussioni sul profitto.
Le nuove strategia adottate, invece, ricorrono alle riduzioni di personale in modo moderato e attivano di pari passo dei percorsi- chiamati Bridge- ai quali i dipendenti possono fare appello. È il caso, ad esempio della Nokia, che ha previsto 5 item opzionali:
- trovare un altro lavoro all’interno dell’azienda, lasciando che la selezione delle persone avvenga da un comitato ad hoc e non dai manager locali;
- trovare un altro lavoro al di fuori dell’azienda, offrendo un servizio di outplacement mirato;
- avviare nuove attività, con un contributo economico ad personam oltre che al supporto gratuito in termini di business coaching, mentoring e formazione volto a favorire le proposte di business;
- riqualificarsi attraverso l’accesso a corsi di formazione anche di tipo professionale con il contributo dell’azienda;
- creare un nuovo percorso personale con l’aiuto finanziario dell’azienda per raggiungere obiettivi personali non direttamente collegati alla professione.
Questa modalità ha permesso di vivere lo stacco dall’azienda in modo più “soft”; infatti il processo è stato percepito come più equo e orientato alla Persona, mantenendo quindi il livello di fiducia verso l’azienda e, con sorpresa, incrementando il profitto. Questa volta in modo duraturo.
Certamente le realtà come Nokia non sono all’ordine del giorno, ma anche nel nostro piccolo possiamo certamente guardare e applicare, magari solo in parte, questa esperienza.
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