DALLO STRESS AL BURNOUT, È DAVVERO QUESTIONE DI UN ATTIMO!

DALLO STRESS AL BURNOUT, È DAVVERO QUESTIONE DI UN ATTIMO!

Lo stress da lavoro non è certo una novità. Tanto si è detto e scritto sullo stress da lavoro correlato e, come i recenti sondaggi assicurativi confermano, negli ultimi tempi ha avuto un incremento del 20%.

Recentemente se n’è parlato anche su un articolo del TIO: stress generico, malesseri fra i più diversi, mobbing e altre derive che si traducono in depressioni gravi.

In Ticino qualcuno ammette di essere per questo rimasto a casa “più volte”; qualcuno “solo in via eccezionale”, qualcun altro invece “ne avrebbe bisogno, ma non osa”.
È evidente che c’è difficoltà persino a riconoscersi malati ma… dallo stress al burnout è davvero questione di un attimo!

Tuttavia c’è da chiedersi se è tutta colpa del lavoro o se il lavoro – con i suoi ritmi incalzanti – è una concausa della malattia sopraggiunta.

Anche se attualmente le aziende faticano a riconoscerlo come un problema di salute, esse sono comunque chiamate a gestire questa situazione: in primis per dovere di protezione del lavoratore e garanzia della sua salute; secondariamente perché l’immediata ricaduta di una performance (sia per assenza fisica del malato sia per la difficoltà a concentrarsi, ecc.) si riflette sulla produttività.

Un’attenta analisi dei rischi nella gestione delle risorse umane (RMHR) aiuta a controllare il fenomeno, prevenirlo ed affrontarlo con le misure idonee.

Ogni azienda, indipendentemente dalle proprie dimensioni, è chiamata a chinarsi su questo aspetto anche se – magari apparentemente – non ci sono casi manifesti.

E la vostra azienda come sta affrontando la questione?

Angela Caronti

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Lo stress da lavoro non è certo una novità. Tanto si è detto e scritto sullo stress da lavoro correlato e, come i recenti sondaggi assicurativi confermano, negli ultimi tempi ha avuto un incremento del 20%.

Recentemente se n’è parlato anche su un articolo del TIO: stress generico, malesseri fra i più diversi, mobbing e altre derive che si traducono in depressioni gravi.

In Ticino qualcuno ammette di essere per questo rimasto a casa “più volte”; qualcuno “solo in via eccezionale”, qualcun altro invece “ne avrebbe bisogno, ma non osa”.
È evidente che c’è difficoltà persino a riconoscersi malati ma… dallo stress al burnout è davvero questione di un attimo!

Tuttavia c’è da chiedersi se è tutta colpa del lavoro o se il lavoro – con i suoi ritmi incalzanti – è una concausa della malattia sopraggiunta.

Anche se attualmente le aziende faticano a riconoscerlo come un problema di salute, esse sono comunque chiamate a gestire questa situazione: in primis per dovere di protezione del lavoratore e garanzia della sua salute; secondariamente perché l’immediata ricaduta di una performance (sia per assenza fisica del malato sia per la difficoltà a concentrarsi, ecc.) si riflette sulla produttività.

Un’attenta analisi dei rischi nella gestione delle risorse umane (RMHR) aiuta a controllare il fenomeno, prevenirlo ed affrontarlo con le misure idonee.

Ogni azienda, indipendentemente dalle proprie dimensioni, è chiamata a chinarsi su questo aspetto anche se – magari apparentemente – non ci sono casi manifesti.

E la vostra azienda come sta affrontando la questione?

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